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Biografia
L’artista nasce nella Calabria del dopoguerra, da una famiglia dove l’arte non era certamente di casa, anzi. Fin dalle scuole medie ha manifestato la propensione per l’arte e, spinto ad intraprendere gli studi artistici dalla sua insegnante, si iscrive presso l’Istituto d’Arte di Reggio Calabria dove frequenta il corso di pittura e scultura, sotto la guida di artisti di rilevanza nazionale come il pittore Santi Alleruzzo e lo scultore Michele Di Raco.
Dopo un proficuo periodo artistico in età giovanile, durante il quale ha partecipato a numerose manifestazioni artistiche, incontrando il favore di critici e di pubblico, l’artista per un lungo tempo ha ridotto la sua attività pittorica, prima a causa di impegni sportivi dovuti alla sua grande passione per il calcio e, successivamente, ad un periodo poco sereno della sua esistenza, ha ripreso il suo cammino artistico solo negli anni “90, partecipando a numerose manifestazioni artistiche, in particolare nel nord Italia, dove nel frattempo si era trasferito per morivi di lavoro, riscontrando numerosi riconoscimenti.
Negli anni 2000, l’artista non disdegna rientri nella natia Calabria dove espone praticamente in permanenza presso l’hotel Residence “Il Gattopardo” di Capo Vaticano (VV), ottenendo lusinghieri riconoscimenti.
Suoi dipinti si trovano in varie collezioni private in Italia e all’estero.
...una natura sensibile e tormentata. Una costante ricerca di se stesso. Un travaglio interiore che conduce all’emozione, al coinvolgimento totale, alla pietà. La voce del sentimento, della memoria, dei ricordi dell’infanzia vissuta in Calabria, prende il sopravvento su tutto e su ogni cosa e si materializza nel colore. E’ proprio il colore, che è la forma più privilegiata della comunicazione di questo pittore, garantisce un rapporto continuo con gli altri e soprattutto con la propria terra.
Parliamo di Giuseppe (detto Pino) Ventra, il pittore meridionale che non parla mai esplicitamente della Calabria, ma i suoi quadri vivono dei suoi odori, dei suoi colori. La Calabria c’è tutta intera; il blu ceruleo, il rosso fuoco dei paesaggi accesi al tramonto, il verde bruciato degli uliveti. E dai colori molto caldi, dai contorni particolarmente marcati, affiorano ricordi impressionisti. Ed è ad un gruppo di impressionisti che il maestro dice di ispirarsi, soprattutto nei paesaggi e nelle nature morte.Comunque si considera un <<neo-figurativo>>, lontano dai canoni puramente accademici, volto a cercare un’identità artistica personale, attraverso una pennellata fluida e decisa, senza ricerca di una esagerata faziosità.
Particolarmente nelle ultime opere (composizioni interni con natura morta) il colore la fa da padrone, ed è steso uniformemente, con pennellata sicura anche là dove i toni degradano in sfumature.
L’arte di Ventra, pur confrontandosi con le forme più vivaci del linguaggio pittorico italiano, pur richiamandosi, per un periodo, ad una tendenza pittorica di un gruppo di artisti lombardi, è sfociata in una soluzione personalissima, tributaria solo dell’indole e delle scelte sentimentali.
I quadri, che ad un primo sguardo potrebbero apparire frutto di momenti sereni e disinvolti, rivelano, in fondo, una sofferta maturazione. C’è sempre un continuo rapporto tra la luce naturale e quella anteriore, che denuncia, ad una attenta analisi, una vera inquietudine. O un inconscio desiderio di fermare sulla tela un <<non so che cosa altro di segreto, di nascosto>> (nescio quid aliud...abditum). Così tutta la sua pittura, anche la più semplice, la più facile, conduce all’assenza del soggetto ritratto, denunciando una velata malinconia e le radici autobiografiche di Ventra.
I soggetti emergono spesso da fondi scuri, specie nelle opere giovanili; la luce e le ombre vengono distribuite con sapienza, mettono in risalto gli occhi melanconici, la bocca dolce e bella, le calde rughe sui volti sofferti delle donne del sud, tratti di autentica fierezza e dignità. Casalinghe e contadine vivono nelle tele di Ventra, con pazienza e laboriosità, a volte immobili come rocce per difendere la loro miseria e i loro grandi affetti. Ma nella loro immobilità ricevono un fascio di luce , caratteristica costante delle sue opere, che forse vuole essere un inno alla speranza e alla vita.
( Valeria Alò) )