Posta elettronica: daniela.m6@libero.it .
CENNI BIOGRAFICI
Nata a Ponte San Pietro, Bergamo, il 06/02/1951, dove ho compiuto gli studi elementari. Mi sono trasferita con la famiglia, nel 1962, a Bologna, città d’origine di mia madre, ho seguito gli studi medi, e artistici concludendo con l’Accademia di Pittura sotto la guida del Prof. Mandelli e il Corso di Incisione tenuto dal Prof. Manaresi, e dal suo valido Assistente Prof. Zuffi. Nella stessa Accademia mi sono diplomata nel 1973.
Ottenuta l’abilitazione per l’insegnamento in diverse Discipline ho optato per le Discipline Pittoriche nei Licei Artistici.
Da Docente delle stesse ho insegnato presso il Liceo Artistico di Padova, Bergamo e Lovere (Bergamo).
Dai tempi dell’Accademia incido, disegno acquerelli e pastelli,e dipingo su soggetti ripresi dalla realtà e, o dalla realtà mediata dall’immaginazione.
Ho partecipato a mostre monografiche a Bologna, a Pisogne (BS), a diverse mostre collettive a Bologna e Bergamo e nella provincia bergamasca e bresciana.
Hanno scritto
A chi voglia leggere la serie di acqueforti e puntasecche di Daniela Martini e lasciarsi poi coinvolgere e trascinare dalla inestinguibile tenerezza che emana dalla amorosa costruzione di ogni più piccolo segno-oggetto, conviene partire dalla realtà delle singole opere: il loro contenuto è equivalente infatti ai dati ed ai valori reali da cui l’emozione è scaturita. Ciò che si coglie nei segni tracciati con infinito scrupolo e maestria artigianale dall’artista, che segue sempre quasi con monacale pazienza tutte le fasi dell’opera, è soprattutto la totale adesione alla realtà delle cose. La trama della visione è però regolata dalla costante evocazione di un cumulo di memorie, di sogni ritrovati, di struggenti malinconie, di rabbie sepolte. Avviene allora che l’oggettività delle punte e dei bulini lascia sulla lastra e poi sul foglio tutti i caratteri e le potenzialità dell’emozione che l’artista vuole trasmetterci. Ma quest’orma è una presenza gentile, malgrado tutto contiene una certa tenerezza nei confronti della vita, sentita ancora come scaturigine di piccole gioie.
Marzo ’79 Monica Manfrini Orlandi
Dal “Resto del Carlino” (25 aprile 1981) in occasione della mostra tenuta a Bologna “Galleria delle Moline” dal 11 al 23 aprile 1981:
Daniela si interessa prevalentemente all’individuo e lo fissa nel ritratto per evidenziarne le caratteristiche fisiche e farne affiorare quelle psicologiche. L’indagine di Daniela Martini è minuta ed attenta, svolta attraverso l’incisione con una mano che si è affinata alla scuola dell’Accademia bolognese, forse alla lezione di Manaresi, accademia illustre per una tradizione incisoria che va dai Carracci a Morandi. L’alto magistero ha lasciato traccia nel tratto vibrante, nel chiaroscuro sapiente, in quel modo di guardare la realtà per penetrarla e fissarla in un’immagine indelebile. C. P.
In occasione della Collettiva a San Paolo d’Argon, dal 12 al 20 luglio 2003, “Estate a Colori”
Dalla presentazione di Fernando Noris: Daniela Martini riversa nelle sue nature morte, nei suoi paesaggi, nelle sue figure un amore caldo e intenso per tutto ciò che muove la Vita; una pittura essenziale, attenta e sorvegliata che sollecita sempre letture profonde e affettuose dei suoi soggetti, carichi, come li si può intuire, di verità e di sincerità d’affetti.
In occasione della Mostra presso il “Circolo Artistico Bergamasco”, a Bergamo dal 17 al 29 settembre 2005.
…Notiamo in Daniela Martini la scrupolosità nell’eseguire il disegno, un disegno attento, preciso, che non presenta tentennamenti di sorta e che perciò indica una “mano” sicura e da tempo alternata all’esercizio dei suoi dipinti. Si evidenzia, inoltre, una tendenza, di proposito voluta, una accentuazione dei cromatismi, specie per i soggetti che hanno per tematica la “natura morta”, soggetti che, a nostro personale giudizio, si differenziano nelle loro specifiche tonalità.
Infatti, alcuni di questi cromatismi sono molto “accesi” altri più “smorzati”, ma pensiamo che sicuramente l’artista ha voluto in tal modo dare risalto all’ambientazione dei soggetti stessi. I secondi, dai toni più morbidi, si inseriscono in un contesto compositivo di una sorprendente delicatezza che, per certi sensi, si identifica con un meraviglioso “chiarismo”, mentre i primi, quelli più accentuati, si presentano in una ambientazione più libera. Comunque il fattore "luce" per Daniela Martini diviene il “protagonista” principale delle sue composizioni artistiche, le quali assumono un aspetto che sa di fiaba nei soggetti che hanno per tema il paesaggio. … Bergamo, 27 settembre 2005 Lino Lazzari
La pittura per Daniela Martini. …. la luce certo. La citazione di tale elemento si trova ricorrente nei brani dei critici che hanno letto le sue opere. Perché elemento presente in modo costante e così significativo da divenire struttura portante delle rappresentazioni.
Ma mi pare di dovere subito fare un distinguo, nel senso che qui la luce non è rappresentata per se stessa , come è tipico degli olandesi, ma neppure per dare vivacità agli oggetti, come negli espressionisti, perché la Martini la usa con lo scopo di “costruire un effetto di plasticità”. Per trasportare i suoi piani pittorici in una diversa spazialità ove assume portanza espressiva la forza plastica.
Allora, le tende e i teli che fanno da sfondo alle sue rose sono concrezionì plastiche, quasi ricavate da uno scalpello rnichelangiolesco da un pezzo di Carrara; le rose stesse sono corpose, corpi fisici plastici che galleggiano nello spazio. E la montagna nel paesaggio del ‘02 è come creta uscita dalle mani dello scultore che l’ha manipolata prima di metterla in cottura. E ancora nella natura morta con frutta, boccale e scatola metallica là luce fa lievitare gli oggetti staccandoli gli uni dagli altri. La tavola “galleggia” contro la stenda, il piatto si stacca dalla tovaglia, le frutta sono spinte a sporgersi come offrendosi allo sguardo.
Ancora nel paesaggio con la roccia sul mare, la luce crea l’effetto plastico creando , a sinistra, lo stacco tra il barbaglio luminoso del fondo e la materia della roccia, mentre a destra l’ombra propria dello sperone trasmette il peso del suo volume al quadro con violenza imponente. E nel paesaggio ad impianto centrale, non è rappresentato né il cielo né nell’acqua, che fanno da specchio reciproco tramite la luce, ma le masse simmetriche delle montagne delle quali è data l’origine ma il cui continuum si perde ai bordi.
Ma, importante, la luce nelle acqueforti permette la creazione di effetti di trasparenza fisica nello spazio di grande sapienza pittorica l’oltre cancellata in S. Maria e la continuità del profilo collinare “dietro” il grande noce nel Paesaggio Bossico sono segni di grande sapienza del mestiere.
GLAUCO GRESLER1 - Gennaio 2OO6 in Bologna